1. Lo Stato riconosce e tutela la vita umana fin dal suo inizio, cioè dal momento del concepimento; protegge e promuove la maternità come valore ed evento di grande rilevanza personale e sociale.
2. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, ciascuno nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, attuano tutte le iniziative e gli interventi necessari per assistere la donna in attesa di un figlio, onde rimuovere le difficoltà, anche di ordine economico, che possono turbare il decorso della gravidanza.
3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, ciascuno nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, garantiscono alla donna dopo il parto e al neonato gli aiuti che si rendono necessari per superare le difficoltà, anche di ordine economico, in qualunque modo dipendenti dalla nascita.
1. La donna che, durante la gravidanza, sia afflitta da serie difficoltà, in qualunque modo ricollegabili alla gestazione, di carattere medico, economico, sociale, familiare, ovvero nutra timori per le condizioni del nascituro o per l'avvenire proprio o del suo nucleo familiare, ove tali difficoltà non possano essere superate mediante le prestazioni sociali, assistenziali e sanitarie offerte dalle strutture pubbliche o convenzionate presenti nel territorio, ha diritto a fruire di interventi sanitari e socio-assistenziali speciali.
2. Gli interventi speciali a carattere sanitario sono disposti dall'azienda sanitaria locale competente per territorio,
1. Nel caso in cui le serie difficoltà di cui all'articolo 2, comma 1, siano di carattere economico o familiare, la donna ha diritto di fruire di aiuti economici per il periodo della gravidanza e dell'allattamento e, in caso di necessità, anche dopo il periodo dell'allattamento e fino a che la necessità sussista.
1. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, oltre ai compiti previsti da tale legge, forniscono ogni assistenza e sostegno alla donna in stato di gravidanza ed in particolare hanno l'obbligo di:
a) informare la donna sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
b) informare la donna sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
c) segnalare alle istituzioni competenti la necessità degli interventi speciali, sia di carattere sanitario e assistenziale, sia di carattere economico e familiare, di cui agli articoli 2 e 3;
d) attuare ogni intervento, che si renda necessario d'urgenza, per consentire la soluzione dei problemi, di ordine sanitario o socio-assistenziale, che siano prospettati dalla donna.
2. I consultori, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni, possono avvalersi, per i fini previsti dalla presente legge, della collaborazione degli organismi, privati o di volontariato, agenti senza scopo di lucro e col fine statutario dell'accoglienza e della tutela della vita nascente e della maternità, di cui all'articolo 2, comma 5, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.
1. Lo Stato assegna annualmente, a decorrere dall'anno 2007, alle regioni, in proporzione alla popolazione residente, la somma di un miliardo di euro per l'adempimento degli oneri previsti dalla presente legge al fine della protezione e della promozione della maternità.
2. All'onere finanziario derivante dall'attuazione del comma 1, pari a un miliardo di euro annui, a decorrere dall'anno 2007, si provvede annualmente con la legge finanziaria.
1. Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Si considera come non prestato il consenso quando sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, o carpito con inganno, ovvero quando provenga da una donna minore degli anni sedici o inferma di mente.
2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chiunque cagiona l'interruzione
1. Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza con il consenso della donna, è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni.
2. Il giudice può astenersi dall'infliggere la pena nei confronti della donna, se essa, al momento del fatto, si trovava in una situazione di speciale difficoltà per ragioni di salute, fisica o psichica, per ragioni economiche o familiari, ovvero per timori in ordine al decorso della gravidanza e alle condizioni di vita del nascituro.
3. Si applica la pena della reclusione da tre a sei anni se l'agente cagiona, per colpa, il pericolo di morte per la donna o un altro grave pregiudizio alla sua salute. Se cagiona, per colpa, la morte della donna si applica la pena della reclusione da quattro a otto anni.
4. Si applica la pena della reclusione da due a cinque anni se il fatto è compiuto su donna di età compresa tra i sedici e i diciotto anni, o che si trovi in condizioni di deficienza psichica.
5. Nei casi previsti ai commi 3, primo periodo, e 4, la donna non è punibile.
6. La donna che si procura l'interruzione della gravidanza è punita con la pena della reclusione fino a tre anni. Il giudice può astenersi dall'infliggere la
1. Chiunque cagiona ad una donna, per colpa, l'interruzione della gravidanza è punito con la pena della reclusione da due a tre anni.
2. Chiunque cagiona ad una donna, per colpa, un parto prematuro è punito con la pena della reclusione fino a un anno.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro, la pena è aumentata fino a un terzo.
1. Non è punibile l'interruzione della gravidanza quando è necessaria per evitare un grave pericolo per la vita o la salute della donna e il pericolo non è altrimenti evitabile. Deve in ogni caso sussistere il consenso della donna.
2. La sussistenza del grave pericolo di cui al comma 1 deve essere accertata da due medici del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne forniscono idonea certificazione. I medici possono avvalersi della collaborazione di specialisti. I medici sono tenuti a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la loro certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente.
3. Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per l'imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma 2. Il medico in tali casi deve dare informazione dell'intervento al direttore sanitario dell'ospedale o, se l'intervento è praticato al di fuori della struttura pubblica, all'organo responsabile dell'azienda
1. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di interruzione della gravidanza non punibili ai sensi dell'articolo 9, quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione, che può essere comunicata in ogni momento all'organo responsabile dell'azienda sanitaria locale o al direttore sanitario dell'ospedale o della casa di cura da cui dipende.
2. La dichiarazione di obiezione di coscienza, una volta formulata, è revocabile con le medesime modalità della sua proposizione.
1. La legge 22 maggio 1978, n. 194, è abrogata.